Una lettura
trasversale dei primi contributi consente di identificare convergenze e
divergenze, concetti e parole chiave che indicano nuove prospettive, valori
condivisi. Da questa analisi emerge quasi una narrazione comune.
Diversi
contributi indicano finalità, obiettivi e termini che fanno parte del dibattito
politico interno ed europeo: beni comuni, coesione sociale, co-sviluppo,
necessità della regolazione della finanza. E che segnalano la crescente
interdipendenza del mondo e l’inadeguatezza dei tradizionali schemi Nord-Sud.
Ecco allora che la cittadinanza attiva e l’educazione alla cittadinanza
globale diventano elementi fondanti di una nuova cooperazione, che sa
capire e interpretare assieme le apparentemente diverse realtà del mondo, tra
loro connesse da meccanismi economici, finanziari, politici e sociali.
I grandi assenti al dibattito sul futuro della
cooperazione
In questo
senso sono da segnalare almeno due contributi che si caratterizzano per la loro
sistematicità: quello sull’organizzazione politico-istituzionale della
cooperazione, da una figura di alto rilievo politico (ministro o vice ministro)
e dal tavolo inter-istituzionale per sostenere la coerenza alle finalità della
cooperazione, alla proposta dell’agenzia (che comunque vede anche alcune
divergenze); e quello sulle aree di crisi, dall’adozione dei principi internazionali
sugli interventi umanitari a una nuova architettura che coordini efficacemente
gli attori del sistema.
La lettura
dei contributi evidenzia quindi concetti e proposte per lo più convergenti,
probabilmente frutto anche della presenza in diversi gruppi di stesse
organizzazioni o organizzazioni alleate che portano comuni sensibilità. E qui
si rileva una criticità, quella delle assenze significative: delle grandi
imprese, ad esempio del settore energetico, delle società finanziarie (oltre la
microfinanza), dei grandi media, che esercitano potere e influenza sulle
relazioni internazionali e direttamente sullo sviluppo o malsviluppo dei paesi
e dei popoli, fino al mondo missionario, alle diverse chiese, ai partiti e
fondazioni affini. Il pericolo del Forum è allora che, malgrado la ricchezza di
alcuni contributi, rimanga un evento auto-referenziale e quindi limitato. Con
il rischio di contarsi per non contare. Se la cooperazione ha l’ambizione di
costituire una parte importante della politica estera, e interna, dell’Italia,
sarebbe necessario il coinvolgimento delle élite economico-finanziarie
così come delle tante e diverse reti della società. In retrospettiva la
costruzione di una narrazione comune della cooperazione potrebbe non essere un
buon risultato, perché non fa emergere invece il mondo così com’è, fatto di
conflitti e di attori alle volte inconciliabili. Forse sarebbe stato meglio
raccogliere contributi tra loro divergenti, per nutrire un vero confronto.
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